Rivoluzione o tirannide

Il fascismo, proclamandosi difensore della legge e dell’ordine, ha invece instaurato un regime di violenza, intimidazione e terrore, mantenendosi al potere contro la volontà della maggioranza.

Autore

Giacomo Matteotti

Titolo

Rivoluzione o tirannide

Data di pubblicazione

1923-07-15

volume

38

Numero uscita

1921

Pagine

2

Fonte

Biblioteca Panizzi - Reggio Emilia

Testo

Dicevano i fascisti che essi erano insorti per abbattere la violenza, per restaurare la legge, l’autorità dello Stato, l'ordine e il rispetto alle cose e alle persone.
Senonché, proprio da quando il fascismo è cominciato, o è salito al potere, sono continui e permanenti la violazione delle leggi, l’arbitrio e la violenza contro i cittadini, le minacce e le intimidazioni contro chiunque voglia esercitare i più elementari suoi diritti civili.
— Sono le necessità di una rivoluzione — replicano allora i fascisti.
— Di una rivoluzione, o di una tirannide? — domandiamo noi.
Noi siamo disposti a riconoscere il fatto e il diritto di una rivoluzione. Non ci nascondiamo dietro un dito, e non facciamo i puritani.
Ma la rivoluzione è un fatto e un diritto, quando essa rappresenta la volontà di una maggioranza, alla quale una minoranza cerca di opporre ostacoli e limiti artificiosi. Allora quella maggioranza, se le è tolta la via legale per manifestarsi ed esprimersi, ha un diritto naturale a rompere la crosta, sotto la quale la si vuole costringere, a prendere il potere, per restituire immediatamente al popolo quella libertà, che è necessaria per manifestare la sua vera opinione, il suo consenso di maggioranza libera e cosciente al nuovo Governo.
Ma in Italia nulla di tutto questo è avvenuto. Anzi è stato perfettamente il contrario.
Ai fascisti nessun mezzo legale era interdetto per manifestare la loro opinione, per divenire maggioranza, per conquistare il potere. Il Governo in Italia era tenuto da quegli stessi ceti borghesi dai quali il fascismo traeva origine: le autorità, la pubblica sicurezza, tutto era a disposizione della classe dominante, contro il socialismo. Non vi era dunque nessun bisogno di una violenza extralegale: sarebbe bastato semplicemente far agire gli organi e le leggi vigenti nello Stato, se fosse stato vero che di questi soltanto il fascismo si preoccupava. Ma nonostante tutto questo il fascismo organizzò invece apertamente ed attuò la violenza, prima contro la classe lavoratrice, poi contro quegli stessi organi dello Stato che voleva salvare!
Lecito quindi il dubbio che si trattasse non di salvare le leggi e l’ordine, ma di sostituire, con la violenza e la minaccia, un gruppo di persone ad un altro, nei posti di comando, come avveniva in altri tempi nelle repubbliche Sudamericane o nei Balcani. Lecito il dubbio che non di una rivoluzione si fosse trattato, ma di una semplice successione di clientele, e di un nuovo dominio di gruppi ristretti sul popolo.
E il dubbio diviene ben presto una evidenza.
Quando il fascismo ha avuto in sua mano il potere, in sua mano tutti gli organi dello Stato, obbediente il Parlamento, deferente il Sovrano, proni tutti i dipendenti, inneggianti quasi tutti i giornali, concessi i pieni poteri e l’esercizio di bilancio per un anno, innalzati gli archi di trionfo dovunque passasse il Duce — esso poteva bene restituire al popolo la libertà! La rivoluzione aveva ormai rotta la crosta, gli occhi della Nazione aperti, gli avversari ridotti a una piccola schiera disordinata e intimorita, il timone dello Stato in mani sicure — perché non restituire allora a tutti i cittadini la libertà, perché non far cessare l’arbitrio, perché non rimettere in funzione la legge comune per tutti? Se tutto il popolo italiano è lieto, entusiasta, delirante per il fascismo — perché non permettergli di esprimere liberamente questa sua convinzione, e lasciarla rinforzare in contradditorio coi pochi dissenzienti ?
Era questo veramente il momento in cui la rivoluzione fascista avrebbe dovuto dimostrare, attraverso la libertà, il suo diritto, attraverso il libero concorso, la giustizia dell’impiego della forza.
Invece no; invece il fascismo continua a minacciare, a perseguire, a intimidire. Ancora otto mesi dopo conquistato il potere, esso si agita, si inquieta per ogni voce discordante, per ogni critica aperta, per ogni leale avversario. Inquieto, sospettoso, vede in ogni ombra un complotto, in ogni accenno un pericolo per la sua vita. Armato di tutto punto, disarmati tutti gli altri, ancora teme, ancora ingiuria, ancora percuote: fa le elezioni col bastone, intima agli altri di non presentarsi.
Perché? Perché?
Se fosse vero che il fascismo è la rivoluzione aspettata dal popolo, la salvezza per la Nazione, non ve ne sarebbe bisogno. Esso avrebbe consenso e forza, come mai nessun altro.
Ma esso intimidisce, esso percuote, esso violenta, esso continua nel terrore, appunto perché nella sua coscienza sente di non rappresentare la volontà del popolo; perché non è maggioranza che ha cacciato una minoranza contrastante la volontà della Nazione; ma si sente minoranza salita all’arrembaggio della nave dello Stato, e che vuole mantenervisi anche contro la maggioranza che soffre e che protesta tacitamente.

Descrizione

Il fascismo, proclamandosi difensore della legge e dell’ordine, ha invece instaurato un regime di violenza, intimidazione e terrore, mantenendosi al potere contro la volontà della maggioranza.

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